Ricordando Else Marie Pade (Aarhus, 2 dicembre 1924 – Copenhagen 18 gennaio 2016)

di Johann Merrich*

Assieme a Daphne Oram, Delia Derbyshire, Bebe Barron, Suzanne Ciani, Pauline Oliveros, Eliane Radigue e Laurie Spiegel, Else Marie Pade è tra le pioniere della musica elettronica più citate e note. Alcuni fatti ed episodi particolari rendono la parabola artistica – e di vita – di Pade alquanto speciale: ricordare ancora una volta le gesta di questa pioniera è un auspicio, un moto di speranza e incoraggiamento affinché le innovatrici – e gli innovatori – del suono contemporaneo possano trarre ispirazione e insegnamento da una figura così nobile, coraggiosa e caparbia, dall’indiscutibile e illuminato genio musicale.

In primo luogo si dovrà dire che la parabola di Else Marie Pade incarna l’esempio perfetto del fenomeno di elisione che spesso subirono – e subiscono ad oggi – le protagoniste del suono elettroacustico ed elettronico del Novecento: autrice dei primi brani di musica elettroacustica ed elettronica proposti dall’emittente nazionale danese negli anni Cinquanta, Pade sarà perlopiù ignorata dal mondo della musica – e dai suoi conterranei – sino alla prima decade del secolo corrente: la sua storia e i suoi contributi si dischiudono nuovamente sul mondo grazie a Jacob Kirkegaard che realizza assieme a lei l’album Svaevninger (Important Records, 2013), riaccendendo così le luci della ribalta. In bilico tra il remix e la ricerca sperimentale, la collaborazione tra i due artisti si preoccupa di investigare il fenomeno del battimento e delle vibrazioni generate dall’interferenza tra due frequenze, “variazioni che possono essere ascoltate quando due onde sonore collidono”.

Affrontando la vita di Pade attraverso i suoi racconti (a tal proposito si rimanda all’articolo con intervista di Anne Hilde Neset nel numero 354 di The Wire, Agosto 2013), il suo impegno civico, dedicato al ripristino della democrazia in epoca bellica, non può lasciare indifferenti: appena adolescente, Pade si unisce a un gruppo femminile della resistenza danese per sabotare e contrastare l’occupazione nazista. La sua partecipazione attiva la porterà alla detenzione nel campo di prigionia di Frøslev e i segni della guerra campeggeranno indelebili anche in alcune composizioni dell’età matura, come il potente brano antimilitarista Face it (1957) o, ancora, Trauerarbeit (1970).

Come altre compositrici a lei coeve, Pade si avvicina al mondo del suono nuovo grazie all’ascolto della radio che le fece scoprire gli esperimenti innovativi di Pierre Schaeffer nel 1952. La nuova attitudine verso le forme concrete del suono, la grande attenzione dedicata all’ascolto del reale, l’apprezzamento del paesaggio sonoro e la curiosità verso la tecnologia plasmarono la via creativa di Pade, rivelando al contempo la profondità della sua pionieristica poetica musicale. 

Negli anni della sua formazione elettroacustica, Pade frequenterà regolarmente Parigi e i corsi di Schaeffergiungendo alla sua prima composizione di musica nuova realizzata per la televisione danese – A day at the fair – nel 1955. Qualche tempo dopo, Holger Lauridsen, capo ingegnere alla radio nazionale, la spingerà ad arricchire la sua palette sonora attraverso l’impiego di materiale compositivo generato sinteticamente. La produzione di Pade inizia così ad abbracciare i mezzi elettronici:

“The sounds outside became concrete music, and in the evening I could imagine that the stars and the moon and the sky uttered sounds and those sounds turned into electronic music”.

Il propellente che alimenta e innova la produzione di Pade è indubbiamente lo sguardo aperto, attento e curioso verso il mondo, letto attraverso intelligenti aggiustamenti focali: da una prospettiva orientata verso il mondo più prossimo a lei, con i suoi infiniti suoni, a una visione lanciata verso le distanze, rappresentate dagli stimoli che giungono da oltre i confini della Danimarca. Nel desiderio di non limitarsi al panorama offerto da un paese restio alla sperimentazione musicale, Pade ricerca la contaminazione con un’attitudine morbida, sinuosa e accogliente come quella delle forme della neve. I corsi estivi di Darmstadt, le Esposizioni Universali e i seminari organizzati attraverso il gruppo Aspekt per approfondire e disseminare il pensiero di chi si apprestava a innovare la musica in Europa, costituiranno una continua fonte di ispirazione. Raccontando della sua cerchia di amici e conoscenti esteri – come Boulez, Stockhausen e Pousseur – dirà: 

“They were certainly not like the Danes”. 

Malgrado la tiepida accoglienza riservatale in patria – come lei stessa ricorderà, i suoi brani “non erano certo considerati né composizioni, né musica e tanto meno arte”, Pade proseguirà il suo moto sonoro oscillatorio, dipingendo come un pendolo di Foucault il nuovo alfabeto della musica contemporanea danese. 

Il 18 gennaio 2016, Else Marie Pade lascia le sue spoglie mortali, ma la sua musica resta per sempre incisa nelle pieghe nel tempo.

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img © Eeviac

Organizzatrice di suoni, Johann Merrich si occupa di ricerca e sperimentazione elettronica. I suoi progetti in solo ed ensemble – presentati a Santarcangelo Festival (2018) e alla Biennale D’Arte di Venezia (Padiglione Francia, 2017) – sono stati accolti come opening da artisti quali Zu, Teho Teardo, Mouse on Mars, Roedelius ed Evan Parker. Direttore artistico della netlabel electronicgirls, dal 2018  fa parte assieme a eeviac de L’Impero della Luce, duo dedicato alle sonorità dei campi elettromagnetici. Nel 2019 ha pubblicato per Arcana Edizioni il libro “Breve storia della musica elettronica e delle sue protagoniste”. A partire dal mese di maggio 2019, propone per musicaelettronica.it una nuova visione della storia della musica elettronica.

https://soundcloud.com/johann-merrich http://johannmerrichmusic.wordpress.com/

Ricordando Else Marie Pade (Aarhus, 2 dicembre 1924 – Copenhagen 18 gennaio 2016) ultima modifica: 2021-01-17T21:01:50+01:00 da Luisa Santacesaria

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