di Giovanni Mori
[In occasione del centenario dalla nascita di Pietro Grossi, musicaelettronica.it propone una serie di contributi dedicati al pioniere della computer music in Italia.]
Iniziamo con questo articolo a ripercorrere la multiforme carriera di Pietro Grossi: una carriera ricca di avvenimenti, conversioni, abbandoni. Questa prima puntata tratterà del periodo che Girolamo de Simone, nel suo libro dedicato a Pietro Grossi edito da Nardini, ha definito “Pre-Bit”, ovvero la fase di formazione e la pratica del violoncello, nonché il breve ma intenso periodo in cui il Maestro si dedicò alla musica elettronica su nastro magnetico.
Pietro Grossi nacque a Venezia nel 1917. La sua prima passione musicale fu per il violoncello, che cominciò ad apprendere già in tenera età. Ben presto, divenne un virtuoso di questo strumento e nel 1936, a soli 19 anni, vinse il concorso bandito dall’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, divenendo primo violoncello. In questo ruolo, ebbe una carriera piuttosto intensa. Suonando in orchestra riuscì ad approfondire la conoscenza di musiche appartenenti al repertorio contemporaneo e ciò svolse un ruolo cruciale nello sviluppo della sua personale estetica. Inoltre, questo importante ruolo gli dette un grande prestigio nell’ambiente musicale che, come lui stesso ha confessato, lo aiutò molto nel portare avanti i suoi progetti nel periodo successivo, anche i più visionari e incomprensibili per il tempo.
Grossi non fu soltanto violoncellista ma anche compositore. Infatti, prima di diplomarsi in violoncello nel 1935 a Bologna, aveva studiato composizione e contrappunto con il maestro Cesare Nordio, allievo di Max Reger. Concluse questo percorso formativo nel 1942, ottenendo il diploma. Le sue prime composizioni cameristiche risalgono a questo periodo: Tre Sonetti del Petrarca e Preludio e Fuga. Queste sue prime composizioni avevano un carattere contrappuntistico ed espressionista, forse perché influenzato dall’assiduo studio di questa tecnica compositiva della quale Nordio era uno specialista.
Di particolare interesse, soprattutto per le ripercussioni sul suo periodo elettronico e informatico, sono le composizioni in stile dodecafonico in cui il compositore decise di stabilire le permutazioni delle serie usando la tecnica del calcolo combinatorio. Questa è una tecnica matematica utilizzata per raggruppare gli elementi di un insieme finito utilizzando delle regole prestabilite. Così, furono composte alcune sue musiche come, per esempio, Composizione n. 5.
La carriera da concertista di Grossi si concluse nel 1966, quando era stato ormai assorbito completamente dalla sua passione per il suono elettronico. Infatti, nel 1963, il musicista veneziano inaugurò il suo studio di musica elettroacustica casalingo, uno dei primi esempi al mondo di studi privati, chiamandolo S2FM: Studio di Fonologia Musicale di Firenze. Questa sua passione per la musica elettronica esplose in seguito alla sua prima esperienza nel campo presso lo Studio di Fonologia Musicale della Rai di Milano, nel quale fu accolto per 15 giorni nel 1961. Il risultato del lavoro alla Rai fu il suo primo brano elettronico, Progetto 2-3, con esiti non proprio eccelsi dal punto di vista estetico, ma notevoli dal punto di vista concettuale. Infatti, qui si ritrovano alcune delle caratteristiche tipiche del suo approccio alla composizione elettronica. Tra le principali possiamo annoverare: l’uso del calcolo combinatorio per determinare i vari parametri della composizione e l’approccio contemplativo nei confronti del suono.
L’attività dell’S2FM attirò fin da subito l’interesse di artisti italiani e internazionali. Tra coloro che parteciparono alle attività dello studio, i più importanti furono Albert Mayr e John Phetteplace. Tuttavia, lo studio fu un’importante palestra di sperimentazione anche per molti degli allievi di conservatorio di Grossi, presso il quale allora teneva la classe di violoncello. All’interno dello studio, che inizialmente era situato nel salotto di casa, Grossi sviluppò anche una peculiare modalità ed etica del lavoro basata sulla collaborazione tra artisti e orizzontalità: non c’erano particolari gerarchie all’interno dello studio e tutti i materiali sonori potevano essere rielaborati da chiunque ne avesse interesse, senza chiedere il permesso e senza preoccuparsi di violare alcun copyright. Portando all’estremo questo approccio, fu deciso che le opere che uscivano dallo studio non dovevano essere attribuite a un particolare membro, ma all’intero studio S2FM, perché frutto di un lavoro di collaborazione orizzontale. Di particolare interesse sono anche gli stretti contatti che Grossi allacciò con altri due studi di fonologia privati, nati poco dopo il 1963: lo SMET diretto da Enore Zaffiri a Torino e NPS diretto da Teresa Rampazzi a Padova. Questi tre studi furono portatori di un approccio innovativo alla realizzazione di brani di musica elettronica ed ebbero continui scambi e numerosi esempi di collaborazione. Possiamo dire che formarono una scuola “alternativa” di musica elettronica in Italia, basata sui principi dello scambio orizzontale e gratuito, sulla mancanza di gerarchie e sulla sperimentazione senza compromessi.
Già a partire dal 1965, grazie alla sua notorietà, Grossi riuscì a convincere l’allora direttore del Conservatorio di Firenze, Antonio Veretti, a trasferire le strumentazioni dello studio nei locali dell’istituto presso il quale poi fu successivamente attivato il primo corso in musica elettronica in Italia, condotto da Grossi stesso. Questo dava seguito a quanto il compositore andava già facendo quando lo studio si trovava presso la sua abitazione, nel quale accoglieva liberamente gli studenti che erano interessati a questo modo nuovo di fare musica. Successivamente, anche gli studi “fratelli”, lo SMET e NPS, furono trasferiti all’interno dei conservatori delle rispettive città e i loro direttori promossero l’attivazione di corsi di musica elettronica.
Albert Mayr ha definito Grossi un “minimalista ante-litteram”. Uno dei motivi principali che potrebbe aver spinto Mayr a fare questa affermazione è l’ascolto di una delle opere più importanti e visionarie composte dall’S2FM: Battimenti. Infatti, quest’opera incarna un sunto di tutti i principi estetici elaborati da Grossi fino a quel momento e che caratterizzeranno anche l’opera successiva, non solo quella musicale. Come il nome stesso dell’opera indica, i brani contenuti nel disco consistono in una serie di registrazioni di quel fenomeno di fisica acustica, i battimenti appunto, creato dallo scontro di due o più onde periodiche con frequenze molto vicine tra loro. Grossi decise di utilizzare dieci onde sinusoidali, partendo dalla frequenza di 395hz fino a 405hz, distanziando l’una dall’altra di 1hz. L’opera semplicemente consiste nella registrazione di tutti i battimenti creati da queste onde sinusoidali organizzate in gruppi che comprendono da due a dieci onde contemporaneamente. Grossi, progettando un’opera del genere, promuove un ascolto contemplativo, un ascolto del suono risultante da un fenomeno fisico perfettamente naturale senza intervenire in alcun modo. Ciò può essere considerato un approccio puramente minimalista, come accennavamo poco sopra, prima che i minimalisti emergessero come movimento artistico, visto che questa composizione risale al 1968. La tendenza alla contemplazione e al lasciar fluire eventi sonori senza intervenire direttamente caratterizzerà anche gran parte del suo lavoro al calcolatore. Ma questa è una storia che racconteremo nel prossimo articolo.
Composizione n. 5 è tratta da:
Pietro Grossi “Bit Art” CD
Live Recording at Sala da Ballo del Fiorino,
Galleria d’Arte Moderna, Palazzo Pitti,
Florence 9 October 2010
Recording and Mastering: Mauro Forte,
Tommaso Leonetti, Francesco Baldi
Artistic Director: Daniele Lombardi
2010 Fondazione ATOPOS
Si ringrazia la Fondazione Atopos (www.atoposmusic.com).
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