di Giovanni Mori
[In occasione del centenario dalla nascita di Pietro Grossi, musicaelettronica.it propone una serie di contributi dedicati al pioniere della computer music in Italia.]
Siamo giunti quindi all’ultimo contributo dedicato al racconto della pionieristica carriera di Pietro Grossi nel mondo dell’arte algoritmica. Ricapitolando brevemente il nostro percorso, abbiamo raccontato gli esordi di Grossi nel mondo della musica e il suo periodo di formazione, il periodo di lavoro presso lo Studio di Fonologia Musicale di Firenze, le prime esperienze di computer music alla Olivetti-General Electric di Milano e infine gli esperimenti musicali effettuati al CNR di Pisa. Tutte le teorie sviluppate durante questo lunghissimo periodo troveranno il loro coronamento definitivo nell’ultima produzione grossiana che l’artista stesso nominò HomeArt. Quindi, di seguito, illustreremo questo finale periodo da musicista puro di Grossi, successivo all’abbandono del CNR di Pisa e la fase successiva di sperimentazione sulle arti visuali.
Abbiamo accennato nello scorso articolo che, a partire dalla metà degli anni Ottanta, il TAU2 cominciava a soffrire per la sua età, con guasti frequenti che facevano aumentare notevolmente i costi e l’impegno per l’ente che se ne prendeva cura. L’usura del sintetizzatore era ulteriormente aumentata a partire dal periodo immediatamente precedente, cioè l’inizio degli anni Ottanta quando Grossi aveva ottenuto l’attivazione di un pionieristico servizio di telematica musicale che consentiva l’utilizzo del TAU2 anche da remoto, aumentandone quindi l’utenza. Concedetemi una breve parentesi sulla telematica musicale. Torniamo indietro al 1970. Pietro Grossi sta partecipando a un convegno sulla tecnologia a Rimini, presso il Centro Pio Manzù e in questa occasione effettuerà la prima esperienza al mondo di telematica musicale. I tecnici del CNUCE avevano portato un terminale video a Rimini, e lo avevano collegato alla linea telefonica. Attraverso questa connessione, Grossi poteva comunicare con il computer mainframe di Pisa. Quindi, da Rimini, il musicista inviava i comandi al calcolatore attraverso i cavi di quella che allora si chiamava SIP. Il computer riceveva i comandi, li elaborava e produceva il suono richiesto. Il risultato sonoro di questi comandi veniva ritrasmesso indietro grazie al supporto della RAI che, attraverso una camionetta dotata di parabola radio posta al CNR di Pisa, creava un ponte radio per coprire la distanza inversa a quella dei dati, rendendo ascoltabile il risultato delle elaborazioni sonore in tempo reale anche a distanza. Questa esperienza ebbe una forte risonanza nel mondo della musica sperimentale e fu richiesta e riproposta varie volte in diverse parti d’Italia e anche all’estero. Visto il successo quindi, Grossi spinse presso i vertici del CNR per l’attivazione di un servizio permanente di telematica musicale, che divenne possibile soltanto con l’espansione della rete BITNET, a cui il CNR di Pisa era allacciato. Con la realizzazione del TAU2, ci fu la spinta finale in questa direzione e il servizio fu infatti attivato.
Questo sistema permetteva a un qualsiasi utente connesso alla rete, che al tempo copriva gli atenei e centri di ricerca italiani, di produrre suoni e fare esperimenti con il TAU2. Grossi lo utilizzò soprattutto per scopi didattici. Infatti, poco dopo il suo “arruolamento” presso il CNR, il musicista veneziano richiese l’attivazione, presso il conservatorio Cherubini di Firenze, di una cattedra per l’insegnamento dell’informatica musicale. Il Ministero della Pubblica Istruzione diede la sua approvazione nel 1985. Grazie al servizio di telematica musicale del CNR di Pisa, Grossi riusciva a far lavorare gli alunni del suo corso fiorentino sul TAU2 senza bisogno di muoversi dalle aule del Conservatorio e questo fu un grande vantaggio anche se purtroppo l’esperienza ebbe vita breve.
Infatti, in quel periodo ci fu l’avvento di alcune innovazioni tecnologiche cruciali, come la diffusione dei personal computer. Il primo personal computer della storia, lo Apple I, iniziò la commercializzazione del 1976. Queste nuove macchine erano compatte, relativamente economiche e sufficientemente potenti per un uso domestico e privato e queste caratteristiche rendevano non più necessario né conveniente l’utilizzo dei terminali video connessi ai grandi computer mainframe. Quindi il servizio di telematica musicale vide assottigliarsi il numero di utenti e, di conseguenza, l’utilità di continuare a tenerlo in piedi da parte del CNR.
Successivamente alla dismissione del TAU2, Grossi fu brevemente ospitato presso un altro istituto del CNR, l’IROE di Firenze, ovvero Istituto di Ricerca sulle Onde Elettromagnetiche. Qui gli fu costruito un nuovo sintetizzatore, l’IRMUS, sul quale continuò per qualche anno gli esperimenti iniziati al CNUCE. Questo nuovo sintetizzatore era meno potente del TAU2, soprattutto dal punto di vista polifonico perché era capace di sintetizzare soltanto due voci contemporaneamente contro le 12 del TAU2. Tuttavia, l’IRMUS impiegava le nuove conoscenze sulla sintesi sonora e quindi adottava, per la formazione del timbro, la tecnica denominata come “modulazione di frequenza”, molto più economica e flessibile della sintesi additiva utilizzata precedentemente. Grossi non era però molto soddisfatto di questa nuova situazione.
Essendo fortemente attratto dalle innovazioni tecnologiche, Grossi si interessò da subito all’utilizzo del personal computer e ben presto decise di acquistarne uno, abbandonando definitivamente il suo lavoro presso i centri di ricerca. Infatti fu decisamente allettato dalla possibilità di poter lavorare comodamente da casa propria senza dover rispettare gli orari e le esigenze di persone diverse. Iniziando a programmare al personal computer, si accorse ben presto che le possibilità di sintesi sonora consentite da queste nuove macchine erano piuttosto limitate e poco stimolanti. Di contro, avevano un’ottima capacità di elaborazione grafica. Quindi decise di proseguire i suoi esperimenti dedicandosi all’elaborazione grafica, convertendo i software da lui scritti per la creazione di immagini in movimento, invece che di suoni.
Questa nuova esperienza casalinga lo tenne occupato per tutto il resto della sua carriera, fino alla sua morte nel 2002. Durante questi anni, affinò ulteriormente i suoi concetti, praticando un tipo di arte da lui stesso definita HomeArt. Citando l’incipit del manifesto di questo “movimento”, la HomeArt è «Arte creata da e per sé stessi, Estemporanea, effimera, Oltre la sfera del giudizio altrui». All’interno di questo concetto, sta tutta la poetica e l’estetica grossiana degli ultimi anni. Infatti i programmi realizzati per la creazione di immagini in movimento venivano da lui stesso condivisi sul suo sito personale. Ogni visitatore del sito, che è rimasto online fino a pochi anni fa, poteva accedere alla lista di questi programmi, scaricarli sul proprio computer e poi utilizzarli e/o modificarli liberamente, con l’invito esplicito di ricondividere il risultato. Quindi l’idea di Grossi era quella di creare un ambiente di persone che si scambiavano reciprocamente le proprie creazioni e che portavano avanti la sperimentazione artistica in maniera attiva. È esattamente lo stesso approccio utilizzato durante il periodo di lavoro allo studio S2FM, dove si condivideva con tutti il risultato del lavoro svolto. Solo che, nel caso della HomeArt, i “collaboratori” potenziali potevano essere ovunque nel mondo, grazie alla capillarità della rete Internet.
Tuttavia Grossi non riuscì proprio del tutto a staccarsi dal concetto di opera. Infatti, durante l’elaborazione delle immagini da parte del computer poteva succedere che interrompesse il processo e facesse uno “screenshot”, come diremmo oggi, della immagine, diffondendo poi queste opere con il nome Attimi di HomeArt. Rimanendo sempre nello stesso ambito, ed estendendo l’idea ulteriormente, Grossi ideò il concetto di HomeBook, ovvero programmi di scrittura in cui ogni lettera del testo inserito assumeva un aspetto deciso da processi randomici e casuali, creando quindi una sorta di tipografia personalizzata e dando un aspetto originale e irripetibile ai testi scritti.
Il concetto di HomeArt ha permeato tutta l’ultima parte della carriera di Grossi, anche se esso risulta essere un’evoluzione naturale dei concetti già espressi nelle precedenti fasi. E questo è l’ultimo lascito di questo artista poliedrico e visionario che necessita senz’altro di essere rivalutato e riconsiderato, anche se purtroppo, come spesso accade, a posteriori, quando ormai le teorie da lui propagandate hanno già trovato una via propria per affermarsi, differenti da quelle ufficiali ma comunque altrettanto efficaci. Rimane solo, per noi, da interpretare il suo pensiero e capire in che modo abbia influenzato la vita che viviamo oggi.
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