di Giovanni Mori
In occasione del PERCORSO SILENZIO | MANICOMIO, il Tempo Reale Festival 2018, sezione Y, si è trasferito al di fuori della città di Firenze per fare tappa nella bella e suggestiva villa medicea detta l’Ambrogiana, sita a Montelupo Fiorentino. Un po’ di storia: il nome deriva dal fatto che i Medici la acquistarono dagli Ambrogi per farne un punto di riferimento sia per la caccia, vista la sua posizione al limite della tenuta del Barco Reale, sia per i viaggi verso la costa, vista la vicinanza del fiume Arno che da quel punto diveniva navigabile. La villa non fu tuttavia tra le preferite dei granduchi e fu usata soltanto sporadicamente e per brevi periodi. A partire dal secolo XIX, con la dismissione delle ville operata dal Granduca Pietro Leopoldo II e portata avanti dal neonato Regno d’Italia, tutto il complesso fu riconvertito ad ospedale psichiatrico-giudiziario e ha mantenuto questa funzione, con gli adeguamenti ed ampliamenti effettuati nel tempo, fino ai giorni nostri. La struttura carceraria è stata chiusa definitivamente soltanto nel 2017 e da allora versa in uno stato d’abbandono a causa del protrarsi della fase progettuale e delle pesanti spese che comporta una ri-funzionalizzazione completa del complesso.
Il progetto ideato da Tempo Reale, nella persona del direttore Francesco Giomi, e condotto da Loredana Terminio, ha visto una numerosissima presenza di pubblico, tanto che le tre sessioni previste non sono state sufficienti a soddisfare tutte le richieste pervenute. C’è stata anche una numerosa schiera di curiosi, che si sono affacciati al portone aperto sperando di potersi unire. Questo denota un vivo interesse nella popolazione per il destino della villa. L’attività organizzata da Tempo Reale era volta alla scoperta dei suoni e dell’ambientazione sonora del luogo che è stato praticamente sempre inaccessibile al pubblico, a causa della sua funzione carceraria. Quindi, un luogo di notevole suggestione, sia per il fatto di essere un complesso storico e imponente, sia per la storia di sofferenza che si porta dietro. Il percorso di ascolto si è snodato in cinque aree principali del complesso: la cappella, la sezione A, l’area sportiva, la sezione B e la terrazza della villa. Tutto il percorso doveva svolgersi nell’assoluto silenzio dei visitatori, i quali erano invitati a concentrarsi sull’ascolto dei suoni che abitano quei luoghi, comprese anche le interferenze prodotte dai partecipanti stessi; fruscii, passi, cinguettii di uccelli, passaggi di treni, ambulanze lontane, tutto si mischiava e interagiva con l’architettura, dando un’identità sonora a questo luogo. Grazie al silenzio e al lento attraversamento dei luoghi, i partecipanti hanno potuto immedesimarsi con le persone che hanno vissuto quegli spazi negli anni, hanno potuto provare sensazioni nuove, di costrizione, di alienazione e isolamento. Particolarmente suggestivo è stato attraversare le celle personali, sentire tutta l’oppressione di quella penombra e dei suoni lontani, ovattati, pieni di echi metallici, percepibili in quei luoghi.
La funzione dei soundwalk (così vengono chiamate le esplorazioni sonore di questo tipo) è proprio quella di portare il pubblico ad ascoltare il suono, o meglio, i suoni che abitano un luogo e carpirne l’identità nascosta, come facciamo solitamente con i panorami visivi. Si tratta quindi di “osservare acusticamente” un luogo e proiettarci la nostra personalità e immaginazione. In questo caso, che si ricollega direttamente all’esperienza precedente di LEITMOTIV | SOLLICCIANO o anche a quella innovativa di SOUNDRIDE ISOLOTTO, il pubblico ha potuto vivere e ascoltare spazi dimenticati, inaccessibili per più di un secolo e sede di sofferenza, costrizione e disagio fisico e mentale. La potenza dell’esperienza collettiva è stata chiara soprattutto alla fine del percorso quando, nuovamente liberi di parlare, i partecipanti hanno potuto esprimere le proprie sensazioni e impressioni. Questo è forse l’approccio migliore per capire i luoghi e progettare quindi un destino coerente con l’identità particolare del sito: ascoltare quello che lo spazio ha da dire e rispettarne quindi le richieste, cosa che negli anni non è assolutamente avvenuta, almeno in questo caso. In fondo, quello che ci è stato trasmesso dai nostri predecessori è frutto del loro pensiero, di quello che sentivano e progettavano: ascoltare quello che hanno da dirci, e riuscire a interpretarlo correttamente, potrebbe essere un modo efficace per portare avanti un discorso bruscamente interrotto più di un secolo fa.
img © Roberto Deri
Percorso Silenzio è stato organizzato nell’ambito di Progetto RIVA 2018
*Il Progetto RIVA, ideato e curato da Valentina Gensini, è realizzato in co-progettazione e con il sostegno del programma Sensi Contemporanei nell’ambito dell’accordo di programma quadro tra Regione Toscana, Mibac Direzione Generale Cinema e Agenzia per la Coesione Territoriale. In collaborazione con MUS.e, Le Murate Progetti Arte Contemporanea e Comune di Montelupo Fiorentino
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