[“In questi interventi che musicaelettronica.it gentilmente ospita, mi concentrerò su alcuni miei lavori. Non perché li ritenga esteticamente meritevoli di interesse. L’autopromozione è forse un male necessario, ma non si capirebbe perché la mia debba impestare le pagine di questo sito: c’è abbastanza internet per tutti. Ho pensato invece che discutere il bricolage complesso, molto macchinale e altrettanto macchinoso, che ne è all’origine possa avere qualche elemento di interesse per il lettore. Potrà quantomeno guadagnare nel sapere cosa non gli interessa”].
Attraverso il quadro teorico evoluzionistico, e nel dettaglio tramite il meccanismo genetico, la biologia fornisce un interessante modello della temporalità. O meglio, del cambiamento, in cui il tempo è una variabile (poi, certo, da Aristotele, si potrebbe discettare in che senso ci possa essere tempo senza cambiamento).
Questa idea di una regola alla base del tempo è evidentemente interessante in relazione alla musica, che alla fin fine è pur sempre, anche se non solo, una crononomia, come diceva Stravinskij. O come osservava Frank Zappa:
A composer’s job involves the decoration of fragments of time. Without music to decorate it, time is just a bunch of boring production deadlines or dates by which bills must be paid.[1]
Detta nello stile di un trattato di retorica, ci va una ars tempus decorandi. Dunque, si tratta di riempire il tempo, ma con una certa regola. Per chiudere il cerchio con la biologia, si pensi al concetto, molto classico in musica, di sviluppo, che ha risonanze evidentemente biologiche, anche se, rispetto al quadro evoluzionistico, in musica il termine è centrato sull’ontogenesi (sull’individuo, cioè sul brano) piuttosto che sulla filogenesi (sulla specie, cioè sul genere ad esempio). Il concetto ontogenetico di sviluppo e quello filogenetico di evoluzione hanno però un elemento in comune: entrambi si basano su un presupposto continuista. È una forma concettuale che è evidentemente trans-epistemologica: vale per la biologia ma pure per certe letture della storia (anche della musica), per cui da A si passa a B poi a C e così via, senza soluzione di continuità. Cambiando di nuovo soggetto e scala, in fondo un assunto continuista vale anche per molti approcci algoritmici (lato sensu) alla composizione, e più in generale all’arte generativa. Infatti, una volta che l’algoritmo è innescato, esso tipicamente viene lasciato correre fino al compimento dell’opera, senza che condizioni esterne lo perturbino.
A proposito di algoritmi, i cosiddetti algoritmi genetici (GA) rappresentano un interessante formalismo per la soluzione di problemi complessi, direttamente ispirata alla genetica. L’idea è di definire una condizione di ottimalità contro cui verificare un insieme di soluzioni, in modo da poter assegnare un punteggio. L’obiettivo è quello di trovare una o più soluzioni che siano le migliori rispetto al problema. Ma come ottenere queste soluzioni? Attraverso un meccanismo di tipo genetico. Si parte da una popolazione casuale di soluzioni, le si valuta in termini di adattamento (fitness) all’optimum, e quelle con un punteggio più alto si riproducono tra loro. La generazione successiva si porta dietro in qualche modo i tratti positivi dai genitori, viene valutata, e si procede di nuovo all’incrocio. Dunque, nei GA le soluzioni ottenute si accoppiano, nuove soluzioni vengono generate, verificate rispetto alla fitness, le migliori quindi si riaccoppiano (hanno successo evolutivo), e così via, fino alla soluzione definitiva. La funzione di fitness è dunque il cuore valutativo del meccanismo. Sopravvive chi si adatta di più, cioè chi ha un punteggio più alto in termini di fitness.
Ora, al di là che i GA nascono da una intuizione metaforica piuttosto geniale, funzionano molto bene per risolvere certe classi di problemi e non hanno ovviamente l’obiettivo di implementare una filosofia della storia, si potrebbe osservare pour parlercome ci sia una asimmetria rispetto al tempo tra popolazione e fitness: la prima cambia continuamente, la seconda è letteralmente atemporale. In effetti, indipendentemente dai GA, in generale questa idea di evoluzione può portare a relazioni equivoche con quella di progresso. Se chi sopravvive è uno di molti, si fa in fretta a dedurne, a posteriori, che sia giusto così, in una lunga galoppata verso il meglio. Post hoc ergo propter hoc. Ma la vicenda è un po’ più complicata proprio perché la fitness stessa cambia. Un esempio radicale in proposito è quello delle estinzioni di massa in cui il quadro continuista dell’adattamento progressivo va a farsi benedire, e di colpo.
Tra i grandi teorici dell’estinzione ci sono Stephen Jay Gould e David Raup.
Il primo è il coautore (con Niles Eldredge) della teoria dell’equilibrio punteggiato, che sostiene che nel tempo profondo della vita sulla Terra, a fasi più o meno stazionarie fanno seguito eventi catastrofici, di origine endogonica (l’aumento dei gas serra, ad esempio) o esogonica (l’impatto con un corpo extraterrestre)[2]. Le fasi stazionarie supportano un processo evolutivo continuista, che però va a gambe all’aria con il momento estintivo. Il secondo, in “Extinction: Bad Genes or Bad Luck?”[3], ha studiato statisticamente il percorso delle estinzioni, derivandone una curva continua ma con picchi, la cui soglia forse è arbitraria, che pure però presentano una salienza specifica. Ne conseguirebbe una sorta di ciclicità dei picchi estintivi (Raup calcolava ogni 26 milioni di anni), e certo ne deriva che l’estinzione è un fenomeno, ahinoi, normale all’interno di un brulicare vitale eracliteo.
In Wonderful Life: The Burgess Shale and the Nature of History [4], Gould ha descritto la vita meravigliosamente ricca e sfaccettata del Cambriano, la cui complessità viene decimata brutalmente da una grandissima estinzione. La grande diversità cambriana non viene mai più recuperata sulla Terra (almeno per ora, e le prospettive al momento non sono entusiasmanti). Il Cambriano in altri termini prevede una quantità di piani anatomici diversi tra i viventi che indicano linee evolutive separate. Nel deposito del Burgess Shale i paleontologi hanno trovato alcuni animali talmente bislacchi da non riuscire a leggere i fossili. Uno di essi inizialmente è stato letteralmente rimontato al contrario, il sotto come fosse il sopra e il dietro come fosse il davanti. L’esausto Simon Conway Morris alla fine del processo descrittivo l’ha perciò opportunamente chiamato “Hallucigenia sparsa” (ma poi è stato smentito di nuovo). La molteplicità dei piani anatomici nel Cambriano implica una ramificazione evolutiva estremamente ampia, che l’estinzione di massa pota con solerzia crudele. Alcuni piani anatomici semplicemente spariscono dall’orizzonte evolutivo, che riparte dai rami sopravvissuti. A tal proposito Gould sottolinea come l’evoluzione si presenti come un processo ateleologico, invischiato in un insieme di eventi che gli sono esterni e lo determinano.
In un passaggio di Wonderful Life, questo percorso affascinante ma poco glorioso in una prospettiva finalistica (dal punto di vista, cioè, dell’umano) viene esemplificato attraverso una metafora che proviene dalla tecnologia audio (il libro è del 1989, l’anno in cui le audio cassette arrivano al loro picco di vendite, almeno nel Regno Unito): il riavvolgimento del nastro magnetico. Se riavvolgessimo il nastro evolutivo, riotterremmo gli stessi risultati? Il piano anatomico straordinario dell’Opabinia regalis, con i suoi cinque occhi (!), forse sopravvivrebbe e prolifererebbe? È un esperimento che non si può fare, e per Gould ciò caratterizza epistemologicamente le scienze della vita come scienze storiche basate sulla “contingenza”. E in ogni caso Gould fornisce un insieme di motivi per dubitarne fortemente.
In sostanza, l’ipotesi di Gould è quella di un funzionamento a regime del meccanismo genetico in un contesto che però è mutevole, e sostanzialmente prevede ogni tanto un evento catastrofico che manda all’aria ogni forma di teleologismo (“hai sviluppato grandi polmoni? Peccato, causa vulcanismo improvviso ora l’atmosfera è piena di monossido di carbonio”). La storia naturale è una accumulazione di contingenze. Shit happens.
Questi due presupposti sono alla base della composizione di un lavoro, Hinicinichnia, composto insieme a Mauro Lanza per il brano Fossilia (2017). Quest’ultimo a sua volta fa parte del ciclo Systema naturae (2013-18) per strumenti e dispositivi elettromeccanici. L’occasione è perciò utile per discutere un modo in cui codificare informazione musicale in relazione a un modello genetico, per poi discuterne il perturbamento.
[fine prima parte]
[1] The Real Frank Zappa Book, Touchstone, NY, 1989, p. 193.
[2] Cfr. S.J. Gould, L’ equilibrio punteggiato, Torino, Codice 2008.
[3] D. Raup, L’ estinzione. Cattivi geni o cattiva sorte?, Torino, Einaudi, 1994.
[4] S.J. Gould, Wonderful life. The Burgess Shale and the Nature of History, New York, Norton 1989 (La vita meravigliosa, Feltrinelli, Milano 1990).
*Andrea Valle è ricercatore e professore aggregato presso il DAMS di Torino dove e insegna programmazione audio e semiotica dei media. Laureato in Scienze della comunicazione presso l’Università di Torino, ha conseguito il Dottorato di ricerca in Semiotica presso la scuola superiore di studi umanistici di Bologna. È membro fondatore del CIRMA, Centro Interdipartimentale di Ricerca sulla Multimedialità e l’Audiovisivo, dell’Università di Torino. Ha partecipato al progetto europeo VEP (Virtual Electronic Poem), che ha ricostruito in realtà virtuale il Padiglione Philips. È membro del Consiglio direttivo dell’AIMI (Associazione di Informatica Musicale Italiana). Oltre pubblicazioni scientifiche internazionali, è autore di Audio e multimedia (con V. Lombardo, 4° ed. 2014) e Introduzione a SuperCollider (2015, ed. inglese 2017). Ha studiato composizione musicale con Alessandro Ruo Rui, Azio Corghi, Marco Stroppa, Trevor Wishart. Bassista elettrico, il suo lavoro come compositore è principalmente centrato su metodologie algoritmiche, indifferentemente in ambito elettro-acustico e strumentale. Dal 2008 lavora estensivamente nell’ambito del physical computing, sviluppando ensemble controllati dal calcolatore che includono tipicamente oggetti di uso comune e di recupero. Tra i suoi lavori, installazioni multimediali, musica da film, e teatro. Collabora regolarmente con Marcel·lí Antunez Roca (Cotrone, 2010; Pseudo, 2012; Ultraorbism, 2015; Alsaxy, 2015). Dal 2013 in associazione con Mauro Lanza ha composto il ciclo Systema Naturae, per strumenti acustici e dispositivi elettromeccanici.
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