Avevo già ipotizzato un anno fa la possibilità che Bologna fosse invasa da una nuova modalità espressiva legata alla musica elettronica:
https://www.musicaelettronica.it/bologna-sound-due-riflessioni-sulla-cultura-musicale-della-citta/
Dopo un anno di concerti in giro per la città, così come soprattutto dopo l’ascolto dell’ultima edizione del Martini Elettrico (ciclo pubblico di concerti organizzato dalla Scuola di Musica Elettronica del Conservatorio) posso teorizzarne l’esistenza in maniera certa. Come detto allora, il BolognaSound si è sviluppato e diffuso attraverso il fertile terreno della cultura cittadina, ma è stato sicuramente generato a partire dall’ambito accademico, inteso qui nella sua migliore accezione. Non però una corrente o un collettivo artistico, bensì un modo comune di intendere il pensiero musicale, pur nella singolare diversità di espressioni, qualità e approcci.
Ammesso che sia possibile vincolarlo a una sorta di manifesto, esso è riassumibile in cinque punti:
- attinge dalla migliore tradizione acusmatica anglo-francese (quella di Parmegiani, di Smalley, di Wishart per intenderci) recependone la possibilità di controllo e costruzione morfologica del suono, così come le capacità evocative e di indagine sullo spazio;
- incorpora germi più o meno estesi dalle espressioni techno e noise, riconoscendone il valore tanto in ambito culturale quanto su quello puramente sonologico;
- riattualizza i propri valori di energia, potenza e freschezza tanto nell’ambito del suono fissato su supporto che della musica dal vivo;
- sintetizza dinamicamente il rapporto tra struttura formale e improvvisazione grazie a una consapevolezza storico-analitica e a una gestione del fare musica sempre priva di atteggiamenti superficiali;
- guarda a un respiro internazionale confrontandosi con esperienze di punta della ricerca extra-italiana.
Per tutte queste caratteristiche si affianca ai molti fermenti di novità della musica elettronica che emergono da più parti in Europa, in Canada, in Asia e che, in questo momento di stagnazione del progresso linguistico e di affermazione statica di un mainstream, rappresentano un elemento di grande interesse e speranza per chi si occupa di ricerca musicale.
C’è solo forse un altro luogo dove la scuola “accademica” (se così la si può realmente definire) ha inciso nella produzione culturale della città ed è il caso della Napoli di Elio Martusciello. Questi due casi, con molte differenze ma anche con un medesimo spirito di esplorazione e di condivisione sono oggi – a mio parere – una delle cose migliori che sta esprimendo l’Italia della cultura musicale.
img © Antonella Di Tillo
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