Evasioni spaziali: Krautrock e Detroit Techno

di Johann Merrich*

Nell’industria musicale degli Stati Uniti degli anni Sessanta ci fu un momento in cui il colore della pelle degli artisti pareva aver perso importanza: i giovani bianchi avevano iniziato ad ascoltare e a far propria una musica originariamente scritta – e suonata – da musicisti di colore; rivolte al mercato bi-razziale, case discografiche come la Motown proponevano con successo trasversale il lavoro di Supremes, Stevie Wonder e Temptations; tra 1963 e 1965, persino la rivista Billboard decise di uniformare le classifiche di vendita, cancellando la separazione tra “musica dei bianchi” e “black music”. 

A dispetto delle apparenze, non sono questi gli anni dell’integrazione: nelle grandi città statunitensi, la tensione sociale ribolliva nelle strade, tra il pulsare di una segregazione razziale sempre più stringente. Fu così che nel 1967 la città di Detroit si trasformò nel teatro di uno dei più violenti scontri urbani degli Stati Uniti, una guerriglia tra bianchi e neri sospinta dalla coda di una lunga pressione migratoria, alimentata da problemi abitativi e da temi incendiari legati alle politiche di sfruttamento del lavoro. Nei disordini, perirono quarantatré persone e 2500 edifici furono dati alle fiamme [1]. 

Questo succinto antefatto è essenziale per comprendere l’immediato sviluppo della musica elettronica nella black community americana: i veri significati di parole come “ghetto” e “segregazione urbana” dovranno essere sempre tenuti a mente.

Connettori sociali senza fili, a partire dagli anni Settanta le black radio della città di Detroit cominciarono a infondere tra gli ascoltatori un grande eclettismo musicale, riverberando nello spazio acustico la neonata European Disco dei Kraftwerk e la Italo Disco di Giorgio Moroder. A partire dal 1977, The Electrifying Mojo iniziò una vera e propria evangelizzazione del suono elettronico sulle frequenze di alcune radio della Motor City: ambientate in un ipotetico futuro iper-stellare e collegate tra loro dai suoni dei sintetizzatori, le selezioni musicali di Electrifying Mojo oltrepassavano le suddivisioni razziali, stilistiche o culturali [2]. Fantastico visionario, Mojo influenzò intere generazioni di ascoltatori, producer e dj. Ricorda Juan Atkins, pioniere della Detroit Techno:

Al tempo c’erano solo 3 o 4 stazioni FM: era una cosa ancora molto nuova. Mojo era famoso tra i giovani della città. Trasmetteva qualsiasi tipo di musica – rock, pop… Per la radio americana era strano avere tutti questi tipi di musica in un solo show: le stazioni rock suonavano solo rock, non trasmettevano R&B o Black Music. Mojo era davvero unico perché faceva sentire per mezz’ora Jimi Hendrix, poi mezz’ora di James Brown, poi mezz’ora di Peter Frampton, Funkadelic, e infine i Kraftwerk. Era semplicemente meraviglioso [3].

Le trasmissioni di Electrifying Mojo erano contraddistinte dalle sue fantascientifiche introduzioni: la più celebre prevedeva la cronaca del decollo della sua astronave, la Mothership, narrata – tra suoni spaziali e riverberi – dal sindaco di Detroit, il primo afroamericano della storia politica della città. Come già accade a Sun Ra, la linea dell’immaginario elettronico della black community puntava dritto allo spazio inteso come volta celeste e colto metaforicamente come contesto sociale del futuro, una località vergine dove l’esistenza della collettività emarginata avrebbe potuto esprimersi –finalmente – in maniera funzionale e dignitosa. Tappa intermedia di questo tracciato proiettato verso la fuga dall’orbita terrestre fu la tournée dei Parliament di George Clinton (1976-1977): il loro Mothership Connection muoveva da un concetto di liberazione, perché immaginare un uomo di colore nello spazio era molto più di un vezzo artistico. 

Come racconta Atkins, nella distopica e industriosa Detroit post ’67, lo spazio era il luogo prediletto per la fuga:

In una città come Detroit ci sono volte in cui vuoi solo volare via. Vorresti poter sognare di salpare verso un altro tempo e spazio. Molte delle mie tracce alludono a quel tipo di avventura [4].

Atkins è tra i primi a coniare il termine “Techno” per descrivere il genere in voga nella scena underground della sua città negli anni Ottanta, uno stilema elettronico che mescolava assieme funk, Chicago house, NY disco, german synth-pop, italo disco, motown, jazz e soul. Fan sfegatato di Electrifying Mojo, Atkins aveva iniziato a produrre musica elettronica e fu sostenuto nella sua passione dalla nonna, che all’elettronica ci arrivò attraverso la Chiesa:

Mia nonna aveva un organo Hammond B3 e andavamo spesso assieme al negozio di strumenti musicali dove c’era una piccola stanza dedicata ai sintetizzatori. Ogni tanto li suonavo e facevo tutti quegli strani suoni. Alla fine, chiesi a mia nonna di comprarmi un Korg MS10. È stato il mio primo strumento elettronico [5].

Qualche tempo dopo, Atkins riuscirà a proporre a Electrifying Mojo il demo tape della sua “Alleys of Your Mind” che, assieme a “Sharevari” di A Number of Names, sarà messa in onda compulsivamente, fino a sfondare qualsiasi dancefloor in città, dando vita ufficialmente alla Detroit Techno.

Forse, non è un caso se la Detroit Techno muove i suoi passi dal Krautrock tedesco, una musica dell’anno Zero nata da un profondo disastro nazionale. Come affermava Ralf Hütter a proposito della nascita dei Kraftwerk:

Quando abbiamo iniziato eravamo in uno stato di shock, di silenzio. Dove siamo? Niente. La musica classica apparteneva al XIX secolo. E nel XX secolo? Niente. Non avevamo figure paterne, nessuna tradizione continua di intrattenimento [6].

Queste parole non possono che riecheggiare lo smarrimento della black community statunitense e le sue rincorse verso la costruzione di un’identità in una terra ostile. Se i giovani di Detroit salpavano in cielo con le loro astronavi per scappare da un contesto sociale figlio della segregazione, nella Repubblica Federale Tedesca all’indomani del 1968 la fuga era dal passato, dai limiti di un muro e dall’incapacità di riconoscersi in un presente fatto di rovine, segreti, colpe, negazioni… Per i giovani tedeschi mirare allo spazio era del tutto naturale: come i ragazzi di Detroit, anche loro non appartenevano a nessun luogo sulla Terra. Le origini di Kraut e Detroit Techno ci portano ancora una volta a compiere una riflessione sul perché dovremmo sentirci tutti connessi come esseri umani.

NOTE

[1] C. Quispel, “Detroit, City of Cars, City of Music.” Built Environment (1978-), vol. 31, no. 3, Alexandrine Press, 2005, pp. 226–228, http://www.jstor.org/stable/23289441.

[2] D. Dalphond, “Detroit Techno” in African American Music: An Introduction, Edited By Mellonee V. Burnim, Portia K. Maultsby, Routledge, 2015 p. 343.

[3] M. Bishop, W. Glasspiegel, “Juan Atkins, interview”, in Afropop WorldWide. Music and Stories from the African Planet, 2011. https://web.archive.org/web/20110623194409/http:/www.afropop.org/multi/interview/ID/203/

[4] M. Bishop, W. Glasspiegel, “Juan Atkins, interview”, op. cit.

[5] Ibidem.

[6] J. Savage, “The In Sound From Way Kraut: A Kosmische Countdown”, 2011. https://daily.redbullmusicacademy.com/2011/12/krautrock-feature

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img © Eeviac

Organizzatrice di suoni, Johann Merrich si occupa di ricerca e sperimentazione elettronica. I suoi progetti in solo ed ensemble – presentati a Santarcangelo Festival (2018) e alla Biennale D’Arte di Venezia (Padiglione Francia, 2017) – sono stati accolti come opening da artisti quali Zu, Teho Teardo, Mouse on Mars, Roedelius ed Evan Parker. Direttore artistico della netlabel electronicgirls, dal 2018  fa parte assieme a eeviac de L’Impero della Luce, duo dedicato alle sonorità dei campi elettromagnetici. Nel 2019 ha pubblicato per Arcana Edizioni il libro “Breve storia della musica elettronica e delle sue protagoniste”. A partire dal mese di maggio 2019, propone per musicaelettronica.it una nuova visione della storia della musica elettronica.

http://johannmerrichmusic.wordpress.com/ | https://soundcloud.com/johann-merrich

Evasioni spaziali: Krautrock e Detroit Techno ultima modifica: 2021-11-21T09:38:00+01:00 da Luisa Santacesaria

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