di Redazione
Pubblichiamo i risultati del Call for Works Lost in translation, dedicato alla trascrizione/traduzione di opere altre (scritte da altri, scritte in periodi storici del passato o per altri organici o appartenenti a generi musicali diversi) in una dimensione elettronica o elettroacustica. Hanno partecipato alla selezione, oltre alla redazione di musicaelettronica.it, anche Giovanni Magaglio e Leonardo Rubboli (Tempo Reale). Qui di seguito l’elenco dei pezzi selezionati, accompagnato da brevi descrizioni degli autori e link per l’ascolto su SoundCloud. Ringraziamo i partecipanti e ci riserviamo di pubblicare prossimamente su musicaelettronica.it gli altri lavori.
VALENTINA CINIGLIO Alf Leyla We Leyla/nel cuore della notte mordo il tempo (2022, inedito)
Alf Leyla we Leyla ( فلأ ةلیل ةلیلو ,( in italiano “Le Mille e una Notte” è un brano di Umm Kulthum, cantante e interprete di origine egiziana. Composto da Baligh Hamdi e con il testo del poeta egiziano Morsi Gameel Aziz, il brano fu per la prima volta interpretato nel 1969. È composto nella modalità (maqām, ماقم ( Nahawand ( دنواھن ,( appartenente al sistema modale-melodico della musica classica araba.
La “traduzione” elettroacustica “Alf Leyla we Leyla/nel cuore della notte mordo il tempo” è tratta da un frammento del brano originale, nello specifico la frase suonata dai violini che introduce la parte centrale del brano “Ya Habibi”. Il frammento sopra citato è stato registrato nel corso di una jam avvenuta al Cairo nel 2020. La frase del violino è stata poi trattata, decostruita e ricomposta in diversi pattern ritmici. Dato che nell’improvvisazione nella musica classica araba basata sulle maqāmāt (pl. di maqām) non vi è alcuna prassi definita in termini ritmici e temporali, ho deciso di esplorare questa possibilità immaginando come con il linguaggio della musica elettroacustica si potesse interpretare tale aspetto.
A livello spaziale, ho usato differenti tecniche come l’uso di formato binaurale, gioco di fasi, messa a fuoco di più spazi sonori attraverso riverbero e filtraggi.
L’idea del brano è nata dalla seguente considerazione: se la mia ricerca prevede di esplorare il suono a livello spaziale, non posso fare a meno di considerare il tempo come la punteggiatura dello spazio. L’elemento ritmico si compone e si disfa, creando una temporalità instabile, sempre aperta a diverse possibilità. Gli oggetti sonori di natura impulsiva e i gesti si fanno “guida” dell’attraversamento e del sentire di uno spazio; uno spazio sonoro che è impossibile perché la sua trama è fatta di temporalità che non si possono quantificare e annotare con precisione, temporalità rappresentate dal fluttuare della morfologia interna dello stesso frammento melodico, ripetuto all’interno del brano come il tema principale.
Eppure, questo spazio sonoro è reale perché lo possiamo ascoltare, lo possiamo immaginare.
Sul piano narrativo, la logica interna del brano rimanda forse alle mille e una notte di cui canta Omm Kolthum, dove il tempo viene invocato, pregato di allungarsi, di durare, persistere, in questo caso mosso dalla forza dell’amore per l’amata/o: “Vieni viviamo negli occhi della notte, e diciamo al sole vieni, vieni dopo un anno, non prima di un anno/Questa è una bellissima notte d’amore, che vale mille e una notte, vale tutta una vita/Cos’è la vita se non una notte, questa notte”.
La fine del brano allude forse alla fine della notte, all’arrivo dell’alba, il ritorno di un giorno, che sembra però sbiadito, meno reale, capovolgendo l’immaginario legato ai concetti di notte e giorno, e allo scorrere del tempo.
DOMENICO FILITTI Visioni (inedito, 2022)
Il lavoro, basato sul primo dei sei Piccoli pezzi per pianoforte op.19 di Arnold Schönberg, cerca di esplorare quanto resti di comunque leggibile di un’opera, conservandone l’intenzione originaria del compositore, anche dopo averla scomposta in modo casuale in piccole cellule, e ricomposta utilizzandone solo alcune.
La registrazione utilizzata (Maurizio Pollini, 1975) è stata processata tramite un modulo software scritto appositamente (Pure Data) che, in una logica di alea controllata, in continuo, ha man mano estratto dei frammenti che sono stati separatamente trattati (filtraggio, riverbero), ulteriormente suddivisi in piccole cellule (loop letti con velocità e direzione diverse), mixati con una fonte di rumore bianco modulata ed infine ricomposti dando loro un’immagine stereofonica.
Il risultato, benché porti l’ascoltatore in una dimensione di ascolto decisamente diversa, mantiene fortemente l’impronta ed il legame con l’opera originaria, nella sua essenza.
Lascia una risposta