di Daniela Fantechi
“Siamo ad una festa di compleanno. In questa situazione ci sembra del tutto normale rivolgere l’attenzione alle parole di un amico con cui stiamo intrattenendo una conversazione, ascoltare la musica di sottofondo, interromperci nel momento in cui qualcuno suona al citofono o domandarci a che cosa sia dovuto quel frastuono che sentiamo provenire dalla strada. L’abilità con cui distinguiamo senza grandi sforzi i diversi suoni che popolano il nostro ambiente uditivo è il risultato di un processo estremamente complesso e in parte ancora sconosciuto”.
Così comincia il primo capitolo del libro “Il Suono. L’esperienza uditiva e i suoi oggetti” edito dalla casa editrice Raffaello Cortina. Gli autori sono i due giovani filosofi Elvira Di Bona e Vincenzo Santarcangelo, che si occupano principalmente di filosofia della mente, filosofia della percezione, filosofia della musica e estetica.
Il libro si propone di portare l’attenzione verso il discorso sul suono e sulla natura della percezione uditiva, per come è stato impostato in filosofia analitica nel dibattito internazionale, prendendo in esame il periodo che va dalla pubblicazione di “Individui”, di Peter Strawson (1959) a oggi, mettendo al centro del discorso la dimensione acustica dei fenomeni percettivi, spesso messa in secondo piano dal predominio del visivo.
Uno dei pregi di questo libro è la capacità che i due autori dimostrano nel delineare un percorso chiaro che guida il lettore curioso – e non necessariamente esperto – attraverso una serie di domande essenziali negli studi sul suono, come: che cosa ascoltiamo quando ascoltiamo? E come lo ascoltiamo? Che cosa sentiamo esattamente: il suono o l’oggetto (la fonte) che produce il suono? Dove si trova questo suono – va cercato presso la fonte sonora, vicino all’orecchio, o nel mezzo che lo diffonde? Può esistere il suono senza lo spazio? Queste domande, che all’apparenza possono sembrare banali, non lo sono affatto, e infatti, raramente hanno accettato risposte univoche, ma piuttosto hanno stimolato la ricerca in diversi ambiti: dalle neuroscienze all’antropologia, dalla psicologia alla sociologia, dalla musicologia alla fisica acustica. Pertanto il libro articola in maniera lineare e coerente, e con un linguaggio del tutto accessibile, molte fonti diverse, prendendo spunto principalmente dalla letteratura filosofica, ma spaziando anche in altre discipline.
Il libro si struttura in quattro capitoli. Il primo si concentra sul processo uditivo, ovvero sul come l’essere umano ascolta i suoni dell’ambiente in cui vive. Si parte dal pensiero di Albert Bregman, illustre psicologo dell’udito, che distingue i flussi uditivi e li attribuisce a fonti diverse, proponendo un’analisi della scena uditiva, che combina aspetti della psicologia della Gestalt con l’approccio ecologico e sistemico alla percezione di J. J. Gibson – la quale si concentra sulle interazioni tra soggetto e ambiente, soprattutto nell’abito del visivo.
Il secondo capitolo si sofferma invece sulla definizione di oggetto uditivo – auditory object – ovvero il contenuto della percezione uditiva, ciò che ascoltiamo. Qui è messa in luce una domanda molto semplice, ma che al tempo stesso rivela una questione complessa e molto dibattuta: quello che ascoltiamo è l’oggetto fisico che produce un suono (la fonte), o il suono prodotto dall’oggetto fisico? Partendo da autori classici come Berkeley e Russell, il capitolo mette in luce le differenze tra percezione uditiva diretta e indiretta, analizzando il concetto di auditory object, le sue caratteristiche, assieme alla diverse fasi del processo fisiologico e funzionale che porta alla formazione dell’oggetto uditivo.
Nel terzo e nel quarto capitolo gli autori si spingono invece in una discussione sulla percezione dello spazio e del tempo attraverso l’ascolto dei suoni. Il terzo capitolo introduce il curioso esperimento mentale di Strawson, che immagina un No-Space World, un mondo privo di coordinate spaziali, in cui si ipotizza l’esistenza di particolari oggettivi in assenza della dimensione spaziale. Qui la natura del discorso si fa metafisica e decisamente più astratta, ma torna più concreta nel quarto capitolo, che si concentra invece sulla relazione tra suono e tempo, e sull’esperienza temporale dei suoni nel rapporto tra memoria uditiva e capacità predittiva della percezione. Soffermandosi su alcuni risultati della ricerca neuroscientifica, il libro si conclude con interessanti osservazioni sulle differenze tra la percezione di suoni e colori in riferimento al tempo.
Agli autori va quindi riconosciuto il merito di proporre un’ampia riflessione sul suono, e di presentare alcune delle domande più interessanti sulla sua natura, ricordandoci la centralità del suono come veicolo di informazioni e il ruolo fondamentale del senso dell’udito nel decifrare l’ambiente in cui viviamo.
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